A belly full of wine - Romanzo

martedì 15 marzo 2011

Mister P. e i giacinti


Quando ero ancora una giovane romantica, ritenevo che fare del giardinaggio di tanto in tanto sollevasse il morale, aiutasse la reputazione e facesse bene alla pelle. Armata di guantoni, parannanza - come la chiama mia nonna - che significa grembiule, con tanto di cappello a tesa larga, passavo le domeniche pomeriggio primaverili a interrare bulbi di tulipano, a potacchiare l’ibisco ereditato dalla stessa nonna di prima (che per inciso è venuto a mancare – l’hibiscus – durante la Grande Arsura dell’agosto 2008), ad attaccare pescetti di terracotta sui muri a buccia d’arancia. I risultati non erano grandiosi ma gradevoli: qualche bel tulipano al momento giusto, un gelsomino sornione a ravvivare l’angolo dietro alle poltroncine,  un rincospermo sparuto a proteggermi dagli sguardi indiscreti della coppia gay che abita di fronte (o magari a proteggere la privacy del loro appartamento senza tende dalle mie involontarie occhiate).
Col tempo, come si sa, le cose sono cambiate, è subentrato un marito col pollice verde (e guarda caso, l’estate dopo c’è stata la moria più devastante mai registrata sul mio terrazzetto) e, dopo un anno trascorso immolandosi a riempire  a getto continui un innaffiatoio assolutamente inadeguato e ad innestare geraGni (bleah!) in tutti i vasi sì è guadagnato la gestione degli spazi esterni, scalzando la granitica egemonia Kaiseki.
Io, con la stazza di un balenottero, la frangetta in ricrescita, i piedi gonfi e i nervi perenni, all’epoca mollai la presa con una certa facilità.

L’estate della Grande Arsura è andata come sappiamo e, al rientro dalle vacanze, di fronte alla steppa senza vita che era diventato il nostro terrazzo, mio marito fece la solenne promessa di procurarci un sistema di irrigazione automatico. Io che, pur non avendo ereditato alcun talento in questo senso,   vengo da una famiglia di pollici verdi VERI, ho sorriso con approvazione. Pochi giorni dopo però, è saltato fuori che uno dell’ufficio aveva montato l’innaffiamento automatico da sé e che centinaia di persone ogni giorno montavano sui propri terrazzi sistemi di irrigazione spendendo pochissimi soldi e, quindi, se ne sarebbe occupato lui.

Era settembre, le piante ormai non c’erano più; poche superstiti, irrimediabilmente compromesse, si facevano forza da sole, soffocate dalla sterpaglia. Il sorriso soddisfatto del giorno prima sparì in fretta, di fronte a quella nuova rivelazione, perché Mister P. non è capace nemmeno di svitare col cacciavite a stella i giochi dello Shōgun per metterci le pile. Io lo sapevo, lui lo sapeva ma il terrazzo ormai era cosa sua e io, dal canto mio, ero troppo presa da ALTRO per mettermi a fare la rompi. Un sabato mattina, molti mesi dopo, Mister P. fece una sortita dal ferramenta, dove, per poche centinaia di euro acquistò tutto l’acquistabile (tranne delle cruciali fascette angolari a 90° - come ci spiegò poi il signor F., giardiniere professionista con la parcella di un penalista serio) e diede inizio all’impresa. Alla fine della giornata, tra sigarette e imprecazioni, aveva srotolato un paio di metri di tubo (non collegato alla centralina, né al rubinetto dell’acqua) bucherellandolo qua e là  e il tutto languiva, davanti alla finestra della camera da letto.
Noi abbiamo un terrazzo a L che corre intorno alla casa, niente di eclatante ma pare fatto apposta per montarci un sistema di irrigazione automatica, fatto sta che l’anatema del cacciavite a stella non era una battuta per denigrare la mia metà. La settimana successiva il tubo era ancora lì, penzoloni, circondato dai duecento euro di ammennicoli acquistati a corredo. Il mese dopo, il mio sposo continuava ad annaspare con l’annaffiatoio di polly pocket. A maggio i tulipani erano ancora mezzi interrati e i geraGni particolarmente rachitici. A giugno, abbiamo chiesto il preventivo a un giardiniere per farci montare l’accrocco e, per qualche cento euro in più, la settimana dopo era montato.

Insomma, a parte l’intrusione per il preventivo, io sul terrazzo non ho più messo bocca e non ho più piantato niente, fatto sta che l’altra mattina, mentre correvo dietro allo Shōgun che è stato una settimana a casa con la quinta malattia (®§&~¤Ø¥‽ !) e che si era intrufolato fuori (estrufolato?) mentre rifacevo il letto, mi sono imbattuta in un vaso carico di un’odiosa pianta grassa attraverso cui, non so come, non so perché, cercava di farsi strada l’unico giacinto che piantai quando ero ancora una giovane romantica! Ma va?! Sì.
E allora?
Ma come e allora?! e allora è una figata, è un segno, è una di quelle cose che se fossi ancora una giovane romantica mi farebbero guardare al mondo con occhi sognanti! Un solo bulbo di giacinto, fragile, indifeso, trascurato, dimenticato, spunta dopo anni, semisepolto da quello schifo di crassula portulacea (di cui per inciso non riesco a liberarmi)! È il segno che il bello non muore mai, non importa quanto poco lo curiamo, con quanta cacca cerchiamo di seppellirlo, è lì e rimane dentro di noi!

E questa è una morale alta, secondo me. Visto che ho prodotto un post così educativo, posso concedermi un paio di righe di aggiornamenti frivoli.
Innanzi tutto, devo purtroppo segnalare di non aver fatto nessun progresso che mi avvicini alla borsa di Bally di cui ho parlato la scorsa settimana. E questo è male. Però ho scovato delle pazzesche scatole artigianali per biscotti artigianali che sono una delizia per gli occhi (buttate un occhio a http://www.dolcieventi.it) e sto cercando di frenare l’impulso di ordinarne una dozzina per gli amichetti dello Shōgun che (guarda un po’) compiono gli anni tutti nell’arco di 15 giorni, sennò alla borsa c’arrivo per i saldi del 2012, se mi va bene. E poi, vorrei celebrare il mio spirito da nonna papera, comunicando urbi et orbi che, domenica scorsa, ho preparato i pancakes, che sono venuti buonissimi e che, se siete fortunati (ma de che?), un giorno vi racconterò di quella volta che una cugina americana di mia madre mi ha tenuto un’ora e un quarto a sbattere latte e farina e…

3 commenti:

  1. Ieri sera, mi sono accorta con mio immenso piacere, che mio figlio ha spruzzato il vetril sulla mia stella di natale di 5 anni, quindi l'ho presa lavata tutta e messa nell'unico vaso vuoto che avevo in terrazzo incrociando le dita e sperando che non muoia..e con mio grande stupore ho scoperto che i tulipani che lo scorso anno sono rimasti ben addormentati sotto terra quest'anno hanno messo un sacco di belle foglioline..chissà..il bello non muore mai mi piace un sacco!

    RispondiElimina
  2. c'è qualcuno che dice che il vetril sia un ottimo concime, chissà...^^

    RispondiElimina
  3. ti saprò dire tra almeno una settimana..

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...