A belly full of wine - Romanzo

mercoledì 9 marzo 2011

A belly full of wine - chapter 9


Tornando a casa mi fermo a comprare un vassoio di dolci: Emma adora la crema, quando affrescava il mio balcone spesso per pranzo mangiava soltanto enormi krapfen farciti. Io e Jarrod eravamo increduli.
A ripensarci quello è stato un periodo davvero felice: l’estate in cui mi sono trasferita nella nuova casa, abbiamo ridipinto, lucidato, scartavetrato e ripulito tutto quello che poteva essere “fatto in economia”. A pranzo organizzavamo pic-nic seduti in terrazzo, sul materasso sfondato, eredità del precedente inquilino. Io e Jar mangiavamo panini, pasta fredda e insalata russa, Emma si presentava la mattina con un sacchetto di krapfen per la colazione e a pranzo faceva fuori quelli avanzati. Siamo andati avanti così per quasi un mese e non riuscivamo a capire come Emma potesse ingurgitare tali quantità di paste alla crema.
Entro in casa rabbrividendo per il freddo, negli ultimi giorni si è messo a tirare un vento gelato. Appoggio il sacchetto con i dolci in cucina e controllo la posta. Pubblicità, offerte speciali, una cartolina dai miei che sono andati a Firenze e che tornano domani: devo ricordarmi di chiamarli.
Il primo impulso è di telefonare a Jar e farmi raccontare la sua settimana ma mentre compongo il numero ci ripenso e abbasso la cornetta: lui non si è più fatto vivo, magari non è nemmeno in casa…non mi va di essere la prima a richiamarlo né voglio rischiare di venire liquidata in poche parole. Mi concedo una doccia bollente e mi butto un momento sul letto prima di vestirmi. Abitare da soli è fantastico: non credo che mi piacerebbe dover chiacchierare a tutti i costi con qualche coinquilina quando torno dal lavoro. Adoro starmene per conto mio, godermi il silenzio e la penombra, avere i miei spazi (solo miei), il mio ordine…certo, a volte deve essere piacevole passare le serate a spettegolare fino a tardi e deve essere bello vivere quella sorta di sorellanza che si crea tra ragazze, però io preferisco avere un posto tutto mio e invitare i miei amici quando ho voglia di condividerlo. Forse, si tratta solo di una deformazione individualista che affligge la società di oggi, perché mi rendo conto che quando i miei erano giovani, raramente si aveva il privilegio di una casa propria al di fuori della famiglia ma ora credo siano in pochi a non desiderare un piccolo rifugio esclusivamente proprio, che permetta di chiudere fuori, anche solo per poco, il resto del mondo. Per quanto si possa essere affezionati al resto del mondo.
Mi infilo un paio di jeans ed una maglia a collo alto e mi accoccolo sul divano per telefonare al take away cinese. Ordino una porzione di riso alla cantonese, spaghetti alla piastra con carne e verdure, pollo alle mandorle, involtini primavera e lychees e chiedo che mi portino tutto per le nove e un quarto. Mentre aspetto Emma guardo un po’ di tivvù, cercando di allinearmi agli sviluppi della storica telenovela della quinta rete: va avanti da una decina d’anni, ma una volta acquisita una base solida e una certa dimestichezza con i personaggi principali, è sufficiente vedere un paio di puntate l’anno per riuscire a seguire tutte le vicende.
Mentre cerco di capire se la nuova modella bionda sia la figlia o l’amante del secondo marito di uno dei personaggi storici, suona il citofono. E’ Emma, guardo l’orologio…incredibile, non sono ancora le nove! C’è qualcosa che non torna ma per il momento decido di non fare domande. Quando entra ci abbracciamo e le prendo la giacca, lei va a stravaccarsi sul divano e prende una manata di M&M’s dal tavolino.
“Ah, stai guardando Spasmi D’Amore…hai visto che fico il nuovo marito di Jolanda? E la madre? Sembra una quindicenne…una vera zoccola, cerca continuamente di farsi il suocero del figlio…”
La madre? Quella sarebbe la madre?! Ecco, magari proprio una volta l’anno non basta…
Comunque, spengo la tivvù e mi siedo anch’io sul divano.
“Ho già ordinato, dovrebbero arrivare tra un quarto d’ora”
“Meno male, sto morendo di fame!” Emma, si sfila gli anfibi e si mette comoda.
“E così? Ho saputo che esci con quel figone del capo di Will! Pare che sia ricco sfondato…”
Per un momento deglutisco a vuoto, cos’è questa storia?! Non è umano che chiacchierino così sfacciatamente alle mie spalle dopo appena dieci giorni che conosco Colin!
“Ma che dici, Emma…e poi, chi ti ha raccontato questa assurdità?”
Mi guarda di traverso “ Perché, non è vero che ci esci?”
“Beh…” Non so se mi va di raccontare i fatti miei ad Emma così su due piedi: insomma, sono mesi che non ci vediamo da sole per parlare…potrebbe almeno lasciarmi il tempo di rilassarmi un po’ “Mah, l’ho visto solo un paio di volte e sempre per caso, è molto interessante, non c’è dubbio, ma montare già un flirt…mi sembra un po’ prematuro, no?”
“Lo sapevo, è quella gallina di Zoe che spara un sacco di cavolate! Comunque, non che mi importi se esci con uno snob, figlio di papà tipo Will, solo che…sai, da te mi aspetto qualcosa di più che da quella stupida viziata di Zoe!”
Mi sembra evidente che la situazione tra Emma e Zoe si sia leggermente inasprita nelle ultime settimane. Dovrei chiamare Zoe e cercare di capire se l’ostilità è così evidente anche da parte sua, però la battuta di Emma mi brucia un po’: Colin non è uno snob figlio di papà…almeno non lo sembra.
“Non aspettarti troppo da me, Emma, non vorrei rimanessi delusa.”
Penso che lei capisca la frecciata, perché mi sorride un po’ a disagio e si raddrizza sul divano.
“Scusami, Trish, non è per litigare che sono venuta, né per offenderti…So che negli ultimi tempi ci siamo un po’ perse di vista e so che gran parte della responsabilità è mia…sono stata latitante e particolarmente strana, lo riconosco.”
“Oh, Emma, dispiace tanto anche a me di non essermi più fatta sentire. Negli ultimi mesi non ho fatto altro che lavorare e lamentarmi con Jar su quanto mi faccia schifo stare alla Global” Per un attimo penso al povero Jar che si annoia a morte mentre mi ascolta per la centesima volta lanciarmi in un’arringa sulle ingiustizie di Robert “Ho trascurato tutti i miei amici più cari e ho lasciato che i rapporti con te e Jar si rovinassero…”
Mi guarda, un po’ sorpresa: “Come sarebbe? Hai litigato con Jar? Pensavo foste culo e camicia come al solito”
“Beh, diciamo che ultimamente non ci sentiamo tanto spesso…” Rispondo evasiva; una scampanellata ci annuncia che, finalmente, è arrivato il fattorino cinese. Mi alzo e vado ad aprire. Emma cava dalla tasca alcune banconote accartocciate.
“No” La anticipo “Offro io, il cinese posso ancora permettermelo” Le sorrido.
“E poi, così mi faccio perdonare per non essermi fatta viva quando era chiaro che avevi qualcosa che non andava…” Mi fermo perplessa, ma che ho detto?!
Emma aggrotta le sopracciglia interrogativa ma io mi lancio fulminea verso la porta, aggiungendo “E’ la fame!” E lei annuisce pensierosa.
Il cibo cinese è eccellente, io poi ho un set completo di bacchette e ciotoline quasi originale, cioè l’ho preso a un mercatino dell’usato quindi nessuno mi dice che non appartenessero a qualche Ming spiantato.
Divoriamo il riso, la pasta, e il pollo, cospargiamo gli involtini di salsa agrodolce e innaffiamo tutto con l’ottima birra che avevo strategicamente sistemato in frigo sabato. Dopo la cena, apro il cartoccio dei krapfen e lo piazzo davanti allo sguardo illanguidito di Emma.
“Nooo, pure! Ma così mi fai sentire un verme che non ti ho portato nemmeno un pacchetto di caramelle…!” Afferra una pasta infilandone metà in bocca.
Io la imito e dopo qualche minuto il vassoio è ripulito. Ci guardiamo divertite.
“Facciamo proprio schifo…” Le dico. Lei, per tutta risposta, rutta beatamente. Lo so, a volte è un po’ ruspante ma…è Emma e le voglio un gran bene. Scoppiamo a ridere e ci spostiamo di nuovo sul divano.
Io mi sistemo sul bracciolo e lei si allunga dal lato opposto. Appena sedute, Emma tira fuori dalla borsa una canna e fa per accenderla. Poi però si ferma e mi guarda, in attesa. Non mi piace che si fumi a casa mia, ma qualcosa mi dice che Emma ha argomenti scottanti da tirare fuori e non mi va di fare la moralista adesso.
“Una sola…” Le intimo.
“Giuro!” E accende il fiammifero.
“Ho conosciuto un tipo.” Lapidaria. Però non mi pare una cosa tanto grave, dopotutto, e invece di chiedere subito Chi? Quando? Che fa?, mi limito ad esclamare: “Grande!”
E siccome lei tace, dopo un po’ mi sento in dovere di aggiungere: “Chi è?”
“Un gallerista”. Accidenti!
“Wow, Emma, complimenti...” Silenzio.
“E?” Proseguo “Che tipo di gallerista?”
Lei mi guarda come se fossi stupida.
“Un gallerista d’arte…” Ma sì, certo, è evidente. In fondo Emma non è solo una punk e una svitata: è un’artista e anche molto di talento, secondo me.
“Vabbè, te lo dico. Sono venuta per questo, no? Ha una galleria d’arte, qualche anno più di me e un matrimonio alle spalle con…un paio di figli.” Sono ammutolita.
“E…quando…?” Biascico.
“Sei mesi fa”
Sei mesi fa? Sei mesi?!
Strappo la sigaretta dalla mano di Emma e do una lunga, profonda tirata. Mentre il fumo mi esce dal naso, appoggio la testa allo schienale del divano: ommioddio, da quando la conosco, Emma non ha mai avuto una relazione che durasse più di una settimana. Se si esclude Peter, ovviamente, ma lui non conta credo perché non è una vera relazione. E ora se ne esce con uno che potrebbe essere il padre (quasi…) e che ha due marmocchi?! Mi ci vorrà un po’ per abituarmi all’idea. Emma si riprende la canna e fa un tiro.
“Sono incinta”. Alzo la testa di scatto e scivolo all’indietro, perdendo l’equilibrio e urtando con il piede la ciotola delle M&M’s che descrive un variopinto semicerchio in aria prima di franare sul pavimento, dove io sono già distesa, tramortita per il volo e la notizia.

Ovviamente, Emma non è affatto incinta, o almeno questo è quanto sostengono i due stick da test allineati sul tavolino del mio salotto. Sta soltanto sperimentando un normalissimo anticipo di menopausa (a 27 anni) che va avanti da circa quattro mesi.
“Sai, forse dovresti vedere un medico” Le dico, un po’ scombussolata: bella serata stiamo passando! Proprio bella!
“Sì, forse hai ragione…probabilmente è lo stress; negli ultimi tempi ne sto accumulando parecchio…”
“Lui sa di questo ritardo?”
Emma mi guarda un po’ sorpresa.
“Lui? Hem…no. E comunque non avrebbe potuto essere suo, nella maniera più assoluta.”
Cioè? D’accordo che Emma non è famosa per il suo severo senso della morale, però…
“E di chi pensavi che fosse?!”
Lei sembra indifferente.
“Di Peter.”
“Cooooooosa?! Emma…e quando…come…”.
“Mah, non ti agitare, non è niente di serio: eravamo un po’ fatti. Non mi è nemmeno piaciuto, lui lo sa, io lo so. Io e Peter non siamo fatti l’uno per l’altra.” Allunga i piedi sul divano. “E comunque non era per parlare di questo che ero venuta, mi dispiace che ti sia preoccupata.”
In effetti, mi sento un po’ scossa e quando le rispondo che è tutto a posto non ho un tono per niente deciso. Oltre al fatto che comincio ad avere un sonno clamoroso, sarà la sigaretta, sarà lo shock, sarà la Global.
So di essere molto meschina ma, mio malgrado, lancio un’occhiata all’orologio: siamo riuscite a tirare le due e mezza. Emma intercetta lo sguardo e io mi sento un verme. Lei però non sembra dispiaciuta.
“Ok, senti: io vado”
“Oh, Emma, scusami…non devi andare via, mi fa piacere se rimani…”
“No, guarda, tranquilla: devo andare sul serio. Non lasciamo passare altri sei mesi però. Per rifarlo, intendo.”
“No, certo e…non mi hai più parlato di questo gallerista” Cacchio, è vero!
“Già, il gallerista…magari la prossima volta, tanto non c’è molto da dire.” Raccoglie la borsa e si avvia alla porta. Io la seguo con lo sguardo prima di alzarmi dal divano e raggiungerla. Prima che esca la abbraccio e la stringo un po’.
Lei ricambia con una stretta rapida, mi sorride ed esce. Appena chiusa la porta respiro profondamente: stanno succedendo un sacco di cose.

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