A belly full of wine - Romanzo

martedì 1 marzo 2011

A belly full of wine - chapter 2



Io e Jarrod abbiamo studiato Economia insieme. Ci siamo conosciuti al secondo anno al corso di Psicologia del Lavoro. Era uno di quei corsi liberi che si inserivano nel piano di studi soltanto per alzare la media e noi due eravamo finiti nello stesso gruppo di lavoro per la tesina finale. Jarrod è un ragazzo sorprendentemente intelligente, ma decisamente l’economia non è la sua materia. Si è laureato prima di me con un voto parecchio più basso e lavora da quasi un anno in una grossa libreria del centro. Fa il commesso. Non voglio fingere che il suo sia un lavoro particolarmente promettente, ma almeno sta in mezzo a gente simpatica, ha un orario molto più umano del mio e può andare a lavoro in bici, la sua grande passione insieme alla cucina e alla letteratura americana degli inizi del novecento.
E poi ha lo sconto sui libri.
Considerato dove sono finita io, forse non mi sarebbe dispiacerebbe fare a cambio con lui.
La pioggia aumenta di intensità mentre parcheggio sotto casa e mi fradicio nel breve tratto da percorrere per arrivare al portone. Quando finalmente mi chiudo la porta alle spalle, tiro un sospiro di sollievo.
Il mio appartamento è minuscolo ed è il fantastico regalo che ho ricevuto da mia nonna per la laurea. Non siamo una famiglia di ricconi, ma mia nonna mi ha promesso questa casa quando ero piccolissima: in 24 anni non mi ha mai fatto un regalo, nemmeno per i compleanni o per Natale (a parte i suoi libri usati) ma mi ha sempre detto che il giorno che mi fossi laureata, questa casa sarebbe stata mia e così è stato. Ha mandato via il ragazzo a cui era affittata quando ho consegnato tutto il materiale per la discussione della tesi, i miei genitori mi hanno aiutato per i lavori più costosi di ristrutturazione e io, Emma e Jarrod abbiamo fatto il resto. Adoro la mia casa, è il posto più accogliente della terra. Il salotto è piccolo ma perfetto, c’è un divano meraviglioso con degli enormi cuscini di gobelin che ho trovato in un mercatino due estati fa; sopra ci sono delle scene di caccia alla volpe disegnate in modo molto minuzioso e ricordano terribilmente le borse di Paul Smith della passata stagione. In effetti, quando li ho comprati avevo l’intenzione di sfruttare la stoffa per farmi cucire una borsa da viaggio ma poi ho realizzato che erano dei cuscini veramente magnifici e che sarebbe stato imperdonabile rovinarli per cercare di tirarne fuori una borsa. Sotto il divano c’è un tappeto che mi ha dato mia nonna (quasi un regalo, in effetti) e che stava nella sua camera quando abitava in campagna. Mia nonna teneva il tappeto sul pavimento davanti al camino, infatti è un po’ bruciacchiato in un angolo, ma ora quell’angolo è sotto al divano per cui è perfetto. Dietro il divano c’è un piccolo tavolo quadrato e dietro ancora una libreria zeppa dei libri comprati con lo sconto nella negozio dove lavora Jar e di quelli di seconda mano di mia nonna. Accanto alla libreria c’è un grosso poster incorniciato che ho portato via dalla mia vecchia camera, con le coste frastagliate della Bretagna, i fari e il mare in tempesta e davanti al divano, sopra il mio scalcinatissimo televisore (prossimo acquisto: nuova tv) c’è un altro quadro ereditato dalla casa di campagna, che raffigura un immenso albero di mandorle in un prato, con delle pecore intorno: il mio gregge privato. Ho perfino un terrazzino condiviso tra il salotto e la cucina: c’entrano solo un tavolino pieghevole, qualche vaso e un bbq da bambola ma d’estate ci si sta che è una bellezza.
Sfilo la giacca zuppa e la metto sul termosifone, mi tolgo le scarpe e vado in bagno ad aprire il rubinetto della doccia per far scaldare l’acqua. Il bagno è l’ambiente più piccolo della casa, c’è spazio solo per l’essenziale però è tutto sui toni del verde e intorno allo specchio ci sono dei deliziosi quadretti di fiori che mi ha regalato Barbara quando è venuta a cena qui la prima volta. Mentre il vapore inizia ad appannare lo specchio mi tolgo di dosso i vestiti umidi e mi infilo sotto il getto caldo, adoro fare la doccia quando fuori piove. Me ne rimango inerte per una decina di minuti e lascio che il calore risvegli le mie membra; se mi vedesse mia madre si infurierebbe per l’acqua che spreco e avrebbe ragione, ma stare sotto l’acqua bollente dopo una giornata di lavoro è davvero uno dei rimedi più efficaci contro l’abbattimento del corpo e dello spirito.
Intanto dalla finestra entrano la luce dei fulmini e il rumore dei tuoni.
Finisco di lavarmi e mi asciugo un po’ addosso col getto del phon, la fame comincia a farsi sentire: il timballo di Jarrod è una vera squisitezza. Vado in camera e mi vesto. La mia camera da letto è la stanza più bella della casa: è tutta blu e io adoro il blu. Ho un copriletto con le stelle e i pianeti e un letto con la testiera di stoffa, il lampadario è di quelli un po’ vecchiotti di ceramica dipinta, l’abat-jour è a forma di tulipano e ho un armadio gigantesco che ho comprato usato e ho ridipinto di bianco da sola, dopodiché Emma, che disegna magnificamente, l’ha decorato con delle ghirlande di fiori agli angoli fatte talmente bene che sembrano vere. Emma è una tipa un po’ esistenzialista e mentre dipingeva i fiori si lamentava continuamente di una certa, presunta nausea che sembrava provocata dal rendersi partecipe dello scempio che stavo realizzando in casa mia. Sostiene da sempre che la mia casa sembra arredata da nonna Papera;  si un po’ ripresa solo quando le ho permesso di affrescare, con un orrido murales grigio e nero, il balcone della camera da letto. Dice che quando diventerà famosa quel balcone varrà un mucchio di soldi e io dovrò organizzare dei turni giornalieri per permettere alle persone di visitarlo, come con le case di Gaudì a Barcellona.
Sarà, io nel frattempo su quel balcone ci tengo solo lo stendipanni.
Le 20.30, infilo un vecchio maglione a collo alto blu scuro e dei jeans strappati alle ginocchia, poi vado in cucina a cercare qualcosa da portare a Jarrod. La mia cucina è molto ingegnosa: piccola ma assolutamente ingegnosa. C’entrano solo i fornelli, il frigo e un tavolino a penisola. Le piastrelle alle pareti sono bianche con della righine arancione sui bordi (un vero amore) e color arancio sono anche il tappetino davanti alla porta finestra e il lampadario.
Nel mio frigo non c’è quasi niente, devo assolutamente fare un po’ di spesa domani. Come ultima spiaggia mi gioco il mobiletto porta bottiglie sul terrazzo: bingo! C’è dentro una sofisticatissima bottiglia di Merlot che devo aver rubato in casa dei miei chissà quanto tempo fa.
Ottimo, mi infilo scarpe e cappotto ed esco per rientrare dopo un secondo a prendere l’ombrello. Arrivo sotto casa di Jarrod alle 20.45 spaccate, congratulandomi con me stessa per la puntualità. Lui è sorridente e indossa un chiassoso grembiule con le scritta “Hai già baciato il cuoco, oggi?”. Lo abbraccio e gli allungo il Merlot, che lui accetta con un’alzata di sopracciglia e un fischio di scherno. Quasi a scusarmi, gli passo subito anche una bottiglietta di liquido per pulire i vetri della macchina rubato in ufficio (ho già detto che la Global è un’azienda che produce accessori per auto?), che lui ripone in un cassetto pieno delle stesse boccette. Il fatto è che Jar non ha la macchina, ma questi cosi gli torneranno sicuramente utili non appena ne comprerà una.
“Allora, come è andata la tua giornata?” Esordisce guidandomi verso la cucina.
“Mah, come al solito” Mi accuccio in terra per fare qualche carezza a Britney, il meticcio di Jarrod. E’ un cane davvero simpatico, robusto e giocherellone, Jarrod l’ha preso al canile praticamente salvandogli la vita. In realtà, Britney è un maschio ma visto che Jar adora, inspiegabilmente, Britney Spears, ha deciso di chiamarlo come lei. Spero che il cane non abbia capito a chi deve il suo nome perché la cosa potrebbe non andargli troppo a genio, oltre a rischiare di provocargli qualche crisi di identità.
“Stamattina sono arrivata in ritardo e Robert mi ha dato la solita lezione di vita, ho mangiato uova strapazzate e verdure bollite per pranzo e ho scaricato dati prima, durante e dopo. La tua come è stata?” Lo guardo sospetta, ha un’aria strana e ha di sicuro litigato con Eva.
“Io ed Eva ci siamo lasciati.” Mi guarda mogio, mentre stappa il Merlot. “Dice che sono un inconcludente e un fallito e non ho nemmeno una macchina”
“Beh, però hai un sacco di boccette di liquido pulisci-lunotto!” Mi guarda avvilito.
“OK, scusa, battutaccia. Jarrod, tu non sei un fallito, sei un ragazzo meraviglioso: sei colto, sei simpatico e sei anche alto. Inoltre fai un lavoro che ti piace e che ti offre delle grandi prospettive…” Ho esagerato.
“Prospettive? Quali prospettive, scusa? La promozione da “Commesso” a “Addetto alle informazioni”? Ma per favore, Trish, non mi sono laureato in economia per passare tutta la vita ad indicare alla gente su che scaffale si trova l’ultimo libro di chissà chi! Uno si laurea in economia per fare l’agente di borsa e guadagnare milioni di Euro in un giorno solo, per indossare vestiti di Armani e andare alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, per fare brillanti presentazioni sull’andamento delle vendite e sulle prospettive di crescita…”
Lo guardo assorta, non ha tutti i torti, o almeno quando ci siamo iscritti all’università l’idea era più o meno questa: rinuncio a frequentare una facoltà più stimolante a patto di guadagnare soldi a palate una volta laureato. Tutto considerato, sembrava uno scambio equo.
“Jar, Eva è un’attrice senza talento che allestisce spettacoli di dubbio gusto in teatri di terz’ordine in cui non si paga nemmeno il biglietto per entrare…”
“Si chiama teatro moderno iperrealista…”
“Ma per favore, Jar, si chiama spazzatura e lo sai meglio di me” Non mi sono ancora ripresa dallo spettacolo cui mi hanno trascinata, un paio di mesi fa “Eva è l’ultima persona al mondo che può rinfacciarti una carriera non ancora avviata! E poi non mi sembra una giustificazione sufficiente per troncare un rapporto come il vostro. Stavate insieme da…cinque mesi, no?”
“Sette, quasi sette.”
Non lo posso guardare con quell’aria da cane bastonato, comincia a passarmi la voglia di mangiare il timballo.
“Sai che c’è, Trish?” Mi passa un bicchiere col vino “Credo che abbia una storia con quel regista con cui sta lavorando…”
“Di nuovo?!…Voglio dire, quel nano peloso che ho visto allo spettacolo? Jar, è assurdo, quell’uomo era disgustoso e avrà almeno vent’anni più di Eva. Non credo proprio che…”
“Me l’ha detto lei” E svuota il bicchiere con un sorso. Sento puzza di sbronza e non va bene, perché domani è venerdì e si lavora.
“Scusa, te l’ha detto lei? E allora che significa:“Credo che abbia”?! Dì piuttosto che sai con certezza che Eva ha una relazione con quel vecchio disgustoso del suo regista!”
“E’ che l’ho un po’ messa alle strette e alla fine ha confessato, ma forse l’ha fatto solo per farmi andare via.” Si versa un altro bicchiere di vino “Non lo so Trish, io ci tenevo e la cosa che mi fa stare peggio è che non so nemmeno se questa storia andava avanti da tempo. Ti rendi conto, forse lei stava con me e contemporaneamente frequentava quel…”
“Vecchiaccio peloso!” Concludo tra me.
“Capisci, magari una sera dormiva da me, facevamo l’amore e la sera prima era stata con lui.”
Che schifo, povero Jarrod, in effetti non ci sarebbe da stupirsi se Eva avesse davvero portato avanti le due storie insieme.
Il forno manda l’inconfondibile trillo di fine cottura e quando Jar lo apre, l’inebriante profumo del timballo inonda la cucina, le mie narici e il mio cervello.
Il mio stomaco fa un balzo e, obbedendo ad un istinto cieco, mi avvicino famelica al tegame. Jar mi allontana sorridendo (finalmente) “Guarda che ti ustioni!” Serve due generose porzioni e ci sediamo in tavola. Abbasso gli occhi e mi sento un po’ colpevole: Jarrod sta affrontando un momento di profondo scoramento e io non riesco a pensare ad altro che a mangiare.
Lui sembra capire il mio stato d’animo combattuto – Jar è un vero mito!- e propone, indulgente: “Rimandiamo i forum a dopo cena, vuoi?” Sorrido grata e attacco il timballo.
Delizioso. Jarrod cucina un timballo grandioso, non so esattamente cosa ci metta dentro: maccheroni, di sicuro, formaggio, bacon…è de-li-zio-so.
Divoro con avidità la mia porzione e vuoto il mio bicchiere di vino: sono in pace con il mondo, a questo punto posso sentir parlare di Eva per tutta la notte.
Anche se, a dirla tutta, preferirei piuttosto fare qualche programma per il week-end. Dio, sono proprio un’egoista, guardo Jar con una ritrovata aria colpevole mentre lui finisce il suo timballo.
“Ne vuoi un altro po’?”
“No, cioè, fosse per me…ma vorrei evitare di diventare un dirigibile prima di Natale: sono in fase di dieta pre-natalizia.”
“E’ novembre” Lapidario…
“Lo so, che c’entra, è che Natale mi lascia degli strascichi spaventosi, ogni volta…ti ricordi l’anno scorso, no? Se ci ripenso ho ancora la pelle d’oca!”
“Un po’ di frutta, allora.” E si alza. Io verso altri due bicchieri di vino e quando lui ritorna con la frutta e una vaschetta di gelato alzo il mio: “Facciamo un brindisi, Jar, al tuo timballo e alla facoltà di economia” Gli sorrido, lui fa una faccia inebetita ma prende il bicchiere e dà una sorsata generosa.
“Sai Trish, magari è meglio così. Voglio dire, Eva era così ambiziosa, prima o poi si sarebbe sentita comunque intralciata da me.” Ambiziosa?! Prendo un po’ d’uva.
“Jarrod, Eva non ti meritava, semplicemente. E sono sicura che si renderà conto di aver fatto uno sbaglio clamoroso lasciandoti, prima di quanto tu non pensi” Mentre seziono meticolosamente un chicco alla volta per rimuovere i semi, rifletto che forse sono un po’ gelosa di Jarrod: in fondo le sue fidanzate non mi vanno mai a genio. Ma questo è perché lo conosco da un mucchio di tempo e ogni volta che si mette con qualcuna nuova mi sento trascurata. E il mio migliore amico e abbiamo un bellissimo rapporto, assolutamente onesto. Siamo un po’ come due fratelli.
“Gelato?”
“Beh, magari un cucchiaino…” Ci trasferiamo sul divano con la vaschetta di Macadamia e Jar inserisce il filmino delle vacanze: mare, sole…la Grecia è meravigliosa e noi ce la siamo spassata. Dopo poco però, mi si iniziano a chiudere gli occhi: un altro enorme svantaggio dell’andare a lavorare presto la mattina è che alle dieci e mezza si crolla letteralmente. Fuori piove ancora e Jar scende con Britney ad accompagnarmi, sono pochi metri fino al mio portone ma lui è un tipo vecchio stampo: Eva è stata davvero assurda a preferirgli quel buffo ometto del suo regista.
“Buona notte, Trish…”Guarda l’orologio “Se ti metti in macchina ora, forse arrivi in orario alla Global domattina!” Scoppio a ridere ma non ha tutti i torti.
“Grazie del passaggio, Jar e grazie del timballo” Indico il pacchetto che mi ha messo in mano prima di uscire “ E stai su, sei molto meglio di lei!” Faccio una carezza a Britney ed entro.

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