A belly full of wine - Romanzo

venerdì 21 giugno 2013

Misteri irrisolti 1 - La sigaretta elettronica

Voglio inaugurare una nuova rubrica e dedicarla a quelle assurdità in cui mi imbatto nel quotidiano e di cui davvero non riesco a venire a capo. Il primo che voglio trattare è quello della sigaretta elettronica.
Ora, non ne faccio una questione morale, nè sanitaria e nemmeno ideologica: a me, della sigaretta elettronica in generale non importa un fico secco. Però...c'è un però e non posso essere l'unica ad averlo notato: in pochi mesi (adesso) ma, in realtà, nell'arco di qualche settimana (allora), il mercato in questione è passato da 0 a saturo. Qualche mese fa, nella via in cui abito, hanno aperto 3 - sì, 3 - negozi del genere. Il che significa che nel raggio di, diciamo, 150 mq ci sono 3 piccoli esercizi che vendono gadgets di Peppa Pig, orrida bigiotteria e, per l'appunto, sigarette elettroniche. Moltiplicate per Roma e avrete un'idea. Ora, a parte l'oscura associazione tra Peppa Pig e il resto, io mi domando come sia stato possibile. Cioè, nemmeno se avessero venduto l'elisir di lunga vita avrebbero potuto sperare in margini positivi aprendo un negozio ogni 50 metri, no?. Eppure è stato così e io mi dico che, per forza, ci deve essere qualcosa che mi sfugge.
Adesso, vorrei chiedervi: quante persone conoscete che vanno in giro con una sigaretta/ciondolo appesa al collo? Pensate che il numero che vi è venuto in mente giustifichi l'invasione massificata da parte di questi rivenditori? Cioè io conosco una ragazza che porta ancora un gioiello/bambolina di plastica che andava negli anni '80 (ve li ricordate i Dolci Segreti? Meraviglia...) ma di sigarette appese al collo non ne vedo in giro.
Quindi, quindi: mistero. Io non capisco proprio: o regalavano 100k euro a chi apriva un franchising e ci metteva la faccia o aprire un negozio del genere assicurava l'indulgenza plenaria al titolare e a tutta la sua famiglia fino al 3° grado o si è trattato di un ricatto su scala nazionale di fronte a cui molti non hanno saputo dire no.

Ecco: spero che il MISTERO IRRISOLTO di questa prima puntata abbia instillato il dubbio nelle vostre menti. Tante cose...

Tutto qui?
Sì, tutto qui!
Hai capito che mistero...
Smetti di mettermi in imbarazzo davanti ai miei lettori!
Quali lettori scusa?
Questi, i miei...non li vedi?! C'è il Kaiseki...
Ma quella sei tu!
Sì ma c'è pure quella che legge...e poi c'è la Kaisekina, Kaiseketta...
Hai dei problemi, sai?
Immagino come tutti...
Secondo me qualcuno di più. Senti, la prossima volta parliamo dei giocattoli anni '80? Te la ricordi Poochie?
Dai, che ideona! Adoravo Poochie, avevo un timbrino: c'era scritto DAI SORRIDI...

Biiiiiip. Comunicazione interrotta per problemi tecnici. Il Kaiseki sarà di nuovo con voi dopo aver assunto la dose giornaliera di quelle medicine che le fanno tanto bene. Stay tuned! 



venerdì 14 giugno 2013

Suora al volante...



Sono settimane che non riesco a scrivere una parola. Il blog ormai langue e io capisco che tenere in piedi un sito di qualità è un lavoro molto impegnativo che implica la seria, assidua e appassionata produzione di contenuti interessanti. Purtroppo, il kaiseki sta attraversando una fase di assoluta fancazzite e non si applica per niente. Ieri mi è capitata una cosa tragicomica, però, che vorrei condividere con voi per riflettere insieme su ciò che ne deriva in termini di analisi sociale.
Mi trovavo a passare con la macchina in un vicolo del centro: stretto, deserto. Ad un certo punto, di traverso in mezzo alla strada, mi si para davanti una Punto a che mi sbarra la strada. Dentro (non vi spaventate!) una suora che con tutta calma, scende, si avvicina ad una saracinesca  sul lato del vicolo e infila la chiave provando ad aprire quello che ho intuito essere un box. Io, aspetto, figurati: una suora! Posso senz’altro avere un attimo di pazienza. Sennonché, non so per quale motivo (era andata via la corrente? era la chiave sbagliata?) la saracinesca non si apre e la suora torna mesta verso la macchina.
Io tra me penso “Ora mi sposta la macchina e la accosta un po’ più avanti così io posso passare…”. Invece la suora (che a quel punto avevo già iniziato a chiamare -  nella mia testa - monaca, rientra nell’abitacolo, mette in moto, chiude entrambi e finestrini, svuota il portaoggetti, spegne la Punto, esce, chiude a chiave e fa per andarsene. Io sono allibita e quando mi passa vicino (dopo aver implicitamente insinuato con tutte quelle manovre di messa in sicurezza che, una volta che avesse girato l’angolo, le avrei svuotato la macchina) le chiedo “Scusi, sorella, dovrei passare e avrei un po’ di fretta, non è che mi sposterebbe l’auto, per favore?” Beh, sapete lei che mi ha risposto? Che doveva andare a cercare le altre chiavi del box e di fare marcia indietro e cambiare strada. Ora, io non so se riesco a rendere l’idea di un vicolo largo 3 metri a cui si accede, con curva a gomito, da un altro vicolo largo 3 e mezzo, ma guardo la suora e l’unica cosa che riesco a dire è: “Sorella…è contromano!” e lei “Noooo, non è contromano!” e se ne va.

Non vi dico come è finita, tanto non c’è niente di saporito da sapere: ho aspettato, lei dopo un po’ è riuscita e ha spostato la macchina. Io ho pensato delle brutte cose e sono stata punita con la chiusura (causa incidente) dell’altra strada che dovevo prendere, con conseguente lunga deviazione e traffico e ritardo. Però riflettevo: emblematico no?
Cioè, se una suora al volante ti tratta così, perché stupirci quando davanti scuola dello shogun, sulle strisce, uno quasi ci travolge con la macchina per poi fermarsi a insultarmi per avergli gridato contro? O se attraversando a piedi, sulle strisce, al semaforo (verde per me) un uomo di mezza età, apparentemente normale, avanza piano piano fino quasi a salirmi sui piedi e mi ride in faccia quando gli faccio notare che per lui è rosso?
Stiamo diventando, anzi no, siamo diventati un paese di incivili, di brutte persone. Non tutti, per carità, nessuno si senta offeso, però siamo disperatamente prepotenti, estremamente maleducati, intolleranti fino all’insopportabile. Da poco ho lasciato il motorino a favore di un veicolo elettrico, piccolo, supersilenzioso, lento (45 km/h che per il centro sono molto più di quanto non serva) ed ecologico e posso garantirvi che quando sono nel traffico vengo considerata alla stregua di un insulto esplicito alla categoria “automobilista italico”. Devo essere una specie di “Vaffanculo” ambulante per chi mi circola dietro perché non potete immaginare quante assurde sgasate per superarmi a destra (e inchiodarsi dopo 5 metri, visto che il semaforo è generalmente rosso), quante strombazzate inutili, quanti rombi di motore e manovre indegne provoco quotidianamente. Cioè, a Roma, in auto (sarà lo stress da traffico, sarà quello che vi pare) quella che vige è la legge della giungla, perfezionata in chiave squisitamente anarchico-violenta.
E dopo l’episodio della suora, ho capito che le speranze di recupero sono prossime allo zero.
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