A belly full of wine - Romanzo

martedì 27 settembre 2011

And in the end, the love you take is equal to the love you make...

Shanti, shanti, sha-ah-anti…

L’idea mi ronzava in testa da parecchio, quindi appena rientrata dalle vacanze, ho telefonato. Hanno risposto al settimo squillo con la voce incerta di chi sta lì per fare le pulizie.
“Buonasera, sono il Kaiseki, vorrei prenotare una lezione di prova per il prossimo lunedì per me e Mr P.!”
Attimo di esitazione. “In realtà i corsi riprendono tra due settimane…”
“Ah, mannaggia! Allora mi prenoti due posti per la prima lezione serale che fate…”
“Il 19…?”
“Sì, perfetto, il 19 alle 20.30. Grazie. Due, eh, mi raccomando! Grazie, a presto.”
Click. Ero un po’ seccata perché lo Shōgun era rimasto al mare con i miei per un paio di giorni e già pregustavo una serata zen, con me e Mr P. adagiati in posa plastica su un tappetino di seta arancione, meditando ad occhi chiusi sulle fettuccine thai che avrebbero inevitabilmente seguito l’ora e mezza di yoga. E invece mi toccava rimandare di due settimane vabbè, meglio di niente: ho preso diligentemente l’appunto sull’agenda e ho aspettato che arrivasse il giorno x.

Cosa indossereste voi per una session di yoga in un rinomato centro di meditazione? Canotta di cotone organico e larghi pantaloni di lino, ovviamente. Ora, capita che né io né Mr P. fossimo troppo equipaggiati in fatto di abbigliamento hare krishna, quindi nella circostanza abbiamo dovuto approssimare un po’. In particolare io ho messo una maglia nera e dei ciclisti neri con la scritta aquarapid sulla coscia (oggettivamente poco intonati ad un ambiente meditereccio) e Mr P. – dopo aver rifiutato categoricamente di indossare i pantaloni di un certo pigiama di cotone a righe, secondo me adattissimi – ha optato per l’unico pantalone di tuta che possiede: bianco, diciamo, antico con una righina rossa, e il mitico stemma di Sergio Tacchini ricamato sulla chiappa. I pantaloni del portantino, come li chiamiamo affettuosamente tra di noi. Sopra, intonata come uno scopino del bagno infilato all’occhiello di un tight, la t-shirt giallo canarino, “Salentu: lu sole, lu mare, lu ventu”. Così creativamente assortiti ci siamo presentati alle 20.29 in un appartamento semibuio, pieno di gente scalza dall’aria molto consapevole, appena in tempo per segnare i nostri nomi su una lavagnetta con la mappa dei tappetini distribuiti nella sala.
Disgraziatamente, l’unica volta che io e Mr P. ci siamo trovati a fare esercizi di rilassamento guidato è stato durante una tremenda seduta del corso preparto, con una maestra di bioenergetica che ci incoraggiava a visualizzare la nostra lingua adagiata su una sdraietta in spiaggia, e - sarà stato l’accento dei castelli della maestra in questione, sarà stato il mio ormonico stato emotivo - ho riso talmente tanto che alla fine mi sono uscite le lacrime. Litigai anche con Mr P., accusandolo di avermi istigato con i suoi respiri profondi.
Avete presente la ridarella no? Tutti, nella vita, hanno avuto almeno un attacco di ridarella, ecco, quando faccio qualcosa di creativo e insolito con Mr P. – preferibilmente in una stanza silenziosa con altre persone silenziose - io finisco sempre per essere travolta da incontrollabili e imbarazzanti ondate di riso.

E quindi, memore dell’esperienza pregressa, quando appena entrati, io mi sono trovata faccia a faccia con il pizzetto, la crocchia in testa e i pantaloni di lino arrotolati fin sotto l’inguine di uno degli allievi, Mr P. si è girato a guardare la mia smorfia da contenimento risa dichiarando con una tempestività sorprendente:
“Senti, questa cosa la vuoi fare tu ma se inizi così dimmelo perché ci risparmiamo ‘sta figura e s’annamo a mangià una pizza!” Me l’ha detto brusco per non mettersi a ridere pure lui e io ho annuito contrita.
“Hai visto? Aveva i pantaloni come quelli del pigiama che non ti sei voluto mettere!” Ho detto per distrarmi. Ma non era facile, io lo sapevo e ho iniziato a sentire la tensione. La situazione non è migliorata quando siamo entrati nella sala della meditazione: praticamente al buio, ci saranno state 30 persone su 30 tappetini, già intente a sfiatazzare e a concentrarsi sui chakra. Io stavo proprio davanti al maestro, un ometto pelato e occhialuto con la voce di Sandro Iovino che doppia Rutger Hauer in Blade Runner. Avete presente? Ho visto cose che voi umani…
Ce l’ho messa tutta, veramente: al primo mantra recitato in sanscrito ho avuto un momento di debolezza ma poi, confesso che mi è bastato sfilarmi gli occhiali e non guardare mai nella direzione di Mr P. il quale, onore al merito, l’ha fatto veramente per me. A un certo punto, mentre eravamo impegnati a tenere la posizione Sarvângâsana, il maestro, interrompendo la sua santònica concentrazione, si è alzato e gli è andato vicino dicendogli che se voleva poteva mettere un cuscino sotto le terga.

Che uomo illuminato!

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