A belly full of wine - Romanzo

mercoledì 14 gennaio 2015

I MENU EUROPEI DELLE MENSE SCOLASTICHE A ROMA

PREMESSA

Tutto è cominciato quando lo Shogun, un giorno, è tornato a casa e alla domanda “cosa hai mangiato per pranzo” ha risposto: “oggi c’era un piatto portoghese: salsicce e patate fritte.”
Lì per lì non mi sono sconvolta, ho pensato che avessero avuto dei problemi con la mensa e avessero risolto con wurstel e patate, voglio dire: può capitare. Pensavo poi che, per fare un po’ gli spiritosi avessero raccontato ai bambini che quel giorno si mangiava alla portoghese, cioè un po’ così...in allegria, come quando prendi l'autobus senza biglietto e fai il portoghese...
La settimana dopo, però la scena si è ripetuta, curiosamente simile. 
“Oggi abbiamo mangiato un piatto olandese: wurstel e purè!”.
Poi è stata la volta del piatto tedesco - vediamo se indovinate - wurstel e patate al forno.
A quel punto, la mente sottile del Kaiseki che carbura lentamente ha iniziato a pensare che ci fosse qualcosa sotto.

I MENU EUROPEI DELLE MENSE SCOLASTICHE A ROMA

Non so se sia perchè noi romani siamo più illuminati, più sfigati o più semplici di cuore rispetto al resto del mondo ma le puttanate da noi hanno un’altra presa. Le cose semplici ci fanno quasi paura - forse le troviamo insultanti per la nostra intelligenza superiore - quelle complicate ci piacciono un sacco (salvo poi, nel 90% dei casi, non riuscire a portarle a compimento) ma le idee che più di tutte ci intrigano, quelle a cui proprio non riusciamo a resistere, quelle in cui perseveriamo usque ad finem sono quelle idiote.
Ebbene, dopo 3 anni di totale silenzio, il Kaiseki sente un impellente bisogno di dare voce all’ultima delle stronzate che perseguitano la sua esperienza di cittadina dell’urbe e, ora che lo Shogun ha raggiunto l’età della ragione, di utente delle mense scolastiche comunali: i menu europei collegati al semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea. In pratica qualche genio (a cui desidero inviare pubblicamente i miei complimenti per la pensata) ha deciso di inserire 15 menu ispirati a 15 Paesi europei nel calendario delle mense scolastiche, tra dicembre e giugno. Sempre lo stesso genio ha intitolato questa iniziativa Educazione Alimentare. Questo tipo di Educazione si traduce in 2 giorni al mese di semi digiuno per i bambini di asili e scuole elementari romane, per i quali il menù generalmente composto da primo, secondo, contorno e frutta viene sostituito da un piatto unico. Messa così non sembra nè divertente nè tragica come questione; in realtà, come avete letto nella premessa, questi piatti tipici sono tutti stranamente simili.
Sarà perchè tutto il mondo è paese ma, a quanto pare, la patata, in Europa, spopola.
Mi sono procurata un volantino della brillante iniziativa e tremo in attesa del menu francese: croque monsieur. Buono, dici, che è? Cito: “si tratta di un piatto tipico della cucina francese, un sandwich con prosciutto cotto e formaggio grattuggiato”. Cioè, un panino prosciutto e formaggio? 
Non lo so, mi rimane questa sensazione che qualcuno mi stia prendendo per il culo ma forse sono solo paranoica.
Il piatto maltese lo volete sapere qual è? La ftira.
Chiedi: checcazz’è? “La ftira è un piatto tradizionale della cucina maltese in cui convivono influenze italiane, arabe, africane (...) è una semplice schiacciata con formaggio accompagnato con insalata”. 

Ecco, dicevo, non lo so, voi l’avete visto Harry ti presento Sally? Io mi sento un po’ come Billy Crystal quando racconta a Meg Ryan di un appuntamento con una donna che…

Mi ha portato in un ristorante indiano. Bene le dico, non sapevo che in India si mangiasse: ordinerò un paio di piatti vuoti e poi a casa…

Politicamente scorretto, me ne rendo conto ma sono quasi sicura che a breve qualcuno proporrà il semestre dei menù dal mondo...forse in occasione dei mondiali di calcio. Meno male che sono tra 4 anni...

venerdì 21 giugno 2013

Misteri irrisolti 1 - La sigaretta elettronica

Voglio inaugurare una nuova rubrica e dedicarla a quelle assurdità in cui mi imbatto nel quotidiano e di cui davvero non riesco a venire a capo. Il primo che voglio trattare è quello della sigaretta elettronica.
Ora, non ne faccio una questione morale, nè sanitaria e nemmeno ideologica: a me, della sigaretta elettronica in generale non importa un fico secco. Però...c'è un però e non posso essere l'unica ad averlo notato: in pochi mesi (adesso) ma, in realtà, nell'arco di qualche settimana (allora), il mercato in questione è passato da 0 a saturo. Qualche mese fa, nella via in cui abito, hanno aperto 3 - sì, 3 - negozi del genere. Il che significa che nel raggio di, diciamo, 150 mq ci sono 3 piccoli esercizi che vendono gadgets di Peppa Pig, orrida bigiotteria e, per l'appunto, sigarette elettroniche. Moltiplicate per Roma e avrete un'idea. Ora, a parte l'oscura associazione tra Peppa Pig e il resto, io mi domando come sia stato possibile. Cioè, nemmeno se avessero venduto l'elisir di lunga vita avrebbero potuto sperare in margini positivi aprendo un negozio ogni 50 metri, no?. Eppure è stato così e io mi dico che, per forza, ci deve essere qualcosa che mi sfugge.
Adesso, vorrei chiedervi: quante persone conoscete che vanno in giro con una sigaretta/ciondolo appesa al collo? Pensate che il numero che vi è venuto in mente giustifichi l'invasione massificata da parte di questi rivenditori? Cioè io conosco una ragazza che porta ancora un gioiello/bambolina di plastica che andava negli anni '80 (ve li ricordate i Dolci Segreti? Meraviglia...) ma di sigarette appese al collo non ne vedo in giro.
Quindi, quindi: mistero. Io non capisco proprio: o regalavano 100k euro a chi apriva un franchising e ci metteva la faccia o aprire un negozio del genere assicurava l'indulgenza plenaria al titolare e a tutta la sua famiglia fino al 3° grado o si è trattato di un ricatto su scala nazionale di fronte a cui molti non hanno saputo dire no.

Ecco: spero che il MISTERO IRRISOLTO di questa prima puntata abbia instillato il dubbio nelle vostre menti. Tante cose...

Tutto qui?
Sì, tutto qui!
Hai capito che mistero...
Smetti di mettermi in imbarazzo davanti ai miei lettori!
Quali lettori scusa?
Questi, i miei...non li vedi?! C'è il Kaiseki...
Ma quella sei tu!
Sì ma c'è pure quella che legge...e poi c'è la Kaisekina, Kaiseketta...
Hai dei problemi, sai?
Immagino come tutti...
Secondo me qualcuno di più. Senti, la prossima volta parliamo dei giocattoli anni '80? Te la ricordi Poochie?
Dai, che ideona! Adoravo Poochie, avevo un timbrino: c'era scritto DAI SORRIDI...

Biiiiiip. Comunicazione interrotta per problemi tecnici. Il Kaiseki sarà di nuovo con voi dopo aver assunto la dose giornaliera di quelle medicine che le fanno tanto bene. Stay tuned! 



venerdì 14 giugno 2013

Suora al volante...



Sono settimane che non riesco a scrivere una parola. Il blog ormai langue e io capisco che tenere in piedi un sito di qualità è un lavoro molto impegnativo che implica la seria, assidua e appassionata produzione di contenuti interessanti. Purtroppo, il kaiseki sta attraversando una fase di assoluta fancazzite e non si applica per niente. Ieri mi è capitata una cosa tragicomica, però, che vorrei condividere con voi per riflettere insieme su ciò che ne deriva in termini di analisi sociale.
Mi trovavo a passare con la macchina in un vicolo del centro: stretto, deserto. Ad un certo punto, di traverso in mezzo alla strada, mi si para davanti una Punto a che mi sbarra la strada. Dentro (non vi spaventate!) una suora che con tutta calma, scende, si avvicina ad una saracinesca  sul lato del vicolo e infila la chiave provando ad aprire quello che ho intuito essere un box. Io, aspetto, figurati: una suora! Posso senz’altro avere un attimo di pazienza. Sennonché, non so per quale motivo (era andata via la corrente? era la chiave sbagliata?) la saracinesca non si apre e la suora torna mesta verso la macchina.
Io tra me penso “Ora mi sposta la macchina e la accosta un po’ più avanti così io posso passare…”. Invece la suora (che a quel punto avevo già iniziato a chiamare -  nella mia testa - monaca, rientra nell’abitacolo, mette in moto, chiude entrambi e finestrini, svuota il portaoggetti, spegne la Punto, esce, chiude a chiave e fa per andarsene. Io sono allibita e quando mi passa vicino (dopo aver implicitamente insinuato con tutte quelle manovre di messa in sicurezza che, una volta che avesse girato l’angolo, le avrei svuotato la macchina) le chiedo “Scusi, sorella, dovrei passare e avrei un po’ di fretta, non è che mi sposterebbe l’auto, per favore?” Beh, sapete lei che mi ha risposto? Che doveva andare a cercare le altre chiavi del box e di fare marcia indietro e cambiare strada. Ora, io non so se riesco a rendere l’idea di un vicolo largo 3 metri a cui si accede, con curva a gomito, da un altro vicolo largo 3 e mezzo, ma guardo la suora e l’unica cosa che riesco a dire è: “Sorella…è contromano!” e lei “Noooo, non è contromano!” e se ne va.

Non vi dico come è finita, tanto non c’è niente di saporito da sapere: ho aspettato, lei dopo un po’ è riuscita e ha spostato la macchina. Io ho pensato delle brutte cose e sono stata punita con la chiusura (causa incidente) dell’altra strada che dovevo prendere, con conseguente lunga deviazione e traffico e ritardo. Però riflettevo: emblematico no?
Cioè, se una suora al volante ti tratta così, perché stupirci quando davanti scuola dello shogun, sulle strisce, uno quasi ci travolge con la macchina per poi fermarsi a insultarmi per avergli gridato contro? O se attraversando a piedi, sulle strisce, al semaforo (verde per me) un uomo di mezza età, apparentemente normale, avanza piano piano fino quasi a salirmi sui piedi e mi ride in faccia quando gli faccio notare che per lui è rosso?
Stiamo diventando, anzi no, siamo diventati un paese di incivili, di brutte persone. Non tutti, per carità, nessuno si senta offeso, però siamo disperatamente prepotenti, estremamente maleducati, intolleranti fino all’insopportabile. Da poco ho lasciato il motorino a favore di un veicolo elettrico, piccolo, supersilenzioso, lento (45 km/h che per il centro sono molto più di quanto non serva) ed ecologico e posso garantirvi che quando sono nel traffico vengo considerata alla stregua di un insulto esplicito alla categoria “automobilista italico”. Devo essere una specie di “Vaffanculo” ambulante per chi mi circola dietro perché non potete immaginare quante assurde sgasate per superarmi a destra (e inchiodarsi dopo 5 metri, visto che il semaforo è generalmente rosso), quante strombazzate inutili, quanti rombi di motore e manovre indegne provoco quotidianamente. Cioè, a Roma, in auto (sarà lo stress da traffico, sarà quello che vi pare) quella che vige è la legge della giungla, perfezionata in chiave squisitamente anarchico-violenta.
E dopo l’episodio della suora, ho capito che le speranze di recupero sono prossime allo zero.

giovedì 23 maggio 2013

Enel, l'energia che ti ascolta...e ti manda a quel Paese!



Dopo aver condiviso le mie travagliate vicissitudini con i servizi di assistenza alla clientela di Ryanair, Easyjet e Fastweb è arrivato il momento di raccontarvi la recente esperienza con Enel. Devo attivare il servizio Enel Drive Free Ricarica Pubblica, praticamente un abbonamento a consumo per ricaricare i veicoli elettrici nelle sporadiche colonnine sparse per la città: un servizio sommariamente descritto sul portale e di cui, al call center che viene indicato sul sito, non sanno praticamente niente. E allora chiamo e alla prima chiamata naturalmente cade la linea, quindi richiamo e scelgo l’opzione 1, ovvero il servizio informazioni sui prodotti disponibili. Ma quelli dell’opzione 1 non sanno che dirmi e allora mi suggeriscono di richiamare e selezionare l’opzione 2 (non è che te lo passano loro, noooo!) che è l’amministrazione. All’interno 2, appena prende la comunicazione, l’operatore – tale Gustavo -mi chiede come mi chiamo. Al che io, un po’ perché non mi aspettavo la domanda e un po’ perchè chiamo dal cellulare e penso di aver capito male, chiedo “Come, prego?”.
Allora Gustavo inizia a innervosirsi: “Il nome, signora, il nome!” ripete, condiscendente.
Io: “Il mio?”
Lui: “E certo, che il mio?!”
“…ah!”
 Allora dico il mio nome e inizio a spiegare cosa mi serve ma, mentre parlo, avverto dall’altro lato un silenzio tombale: non un brusio, non un sì, non un mmmh? Insomma, avete presente, quei versi che fa una persona per far capire all’interlocutore che è sempre lì, all’altro capo del telefono, e non è andato nel frattempo a prendersi un cappuccino? Niente. E allora dopo un po’ che parlo al muro dico “Pronto? Mi sente?”
A quel punto, Gustavo si incavola proprio. “La sento, la sento, signora: vada al sodo!”
Vada al sodo?! Ma…ma…
Vi premetto che, prima di essere trasferiti ad un operatore, il disco del call center mi dice che alla fine della telefonata mi verrà chiesto di valutare il grado di soddisfazione legato alla servizio fornito dal call center. E allora, di fronte al tono seccato di Gustavo dico: “Scusi, è questo il livello di cortesia ricevuta che dovrò valutare alla fine della telefonata?”
E Gustavo: “E’ questo, è questo. Vada avanti!”.
Sono scioccata ma troppo consapevole del tempo che mi può far perdere il tenere il punto, ore, sul concetto di civiltà con questo zoticone; quindi ingoio e proseguo, pensando, tra me e me, che alla fine darò a Gustavo un voto tremendamente basso.
A quel punto che fa Gustavo, secondo voi?
Appena ricomincio a parlare dice: “Pronto? Pronto?” e…click.
Attacca.

Sì, attacca. E nessuno mi chiede niente. Cioè, nessuna valutazione-soddisfazione-cliente-servizio- Enel-con-te e compagnia cantata.

Ok, mantieni la calma: ti servono le info per evitare un viaggio a vuoto nell’unico luogo a Roma dove possano attivare il servizio: il Punto Enel a viale Regina Margherita. Già riesco a prefigurarmi la situazione: vado, faccio la fila, arrivo allo sportello e la signora mi guarda e – dopo aver capito più o meno di cosa parlo – mi dice: “Bene, per attivare il servizio ho bisogno di un documento, di un numero di carta di credito, del suo codice fiscale e dell’ortopanoramica di suo marito del 2008…” e io “Accidenti…l’ortopanoramica non la ho con me…” “Allora mi dispiace, deve ritornare!”. E il negozio chiude alle 16.30, quindi io per andarci mi sarò anche presa un permesso a vuoto.
Allora, richiamo, correndo il rischio di ri-imbattermi in Gustavo. Invece no, risponde una ragazza che, dopo aver fatto mente locale su checcazzovuolequesta (manco Enel Drive Free Ricarica Pubblica glielo volessi vendere io, in allegato a Famiglia Cristiana!) mi chiede un codice cliente. E io dico “Che?” e lei ripete “Il codice cliente” e io dico “Non ce l’ho!” e lei dice “Come non ce l’ha?! Non ha la luce a casa?!” e io “Sì, ma l’utenza non è attivata a mio nome.” Allora lei mi lascia in attesa per consultarsi col bodhisattva del call center e, quando riprende la conversazione mi dice “Guardi, di preciso cosa le serva non lo so perché il servizio lo attivano solo nel Punto Enel di viale Regina Margherita (ma va?! Peccato che non esista il numero di telefono diretto di questo Punto Enel e che io debba passare attraverso il call center…) però, se le posso dare un consiglio, lei  si porti una vecchia bolletta.”
“Ma…anche se non è intestata a me?”
“Sì…”
“Ah!”
E attacca.
Io non attacco, invece, rimango in linea, in attesa di poter dare il mio giudizio sul livello di assistenza ricevuta e, quando il disco mi chiede di attribuire un voto da 1 (il minimo) a 5 (il massimo) alla qualità delle informazioni ottenute e digito 2 (facendo una media tra Gustavo e la signorina) sapete cosa mi risponde?
“Siamo spiacenti, la scelta effettuata è errata.”

E…indovinate un po’?
Click.

lunedì 13 maggio 2013

Happy Meat Free Monday



 Ultimamente ho scoperto un nuovo stato esistenziale che è quello della perfetta solitudine davanti alla macchinetta del caffè, in ufficio. Non l’avevo mai considerata come eventualità ma, devo riconoscere che, ultimamente mi accade con una sconvolgente sistematicità. Avete presente la pausa caffè che in genere si fa negli uffici? Ne hanno pure ricavato il format per una sit-com, ecco: io la faccio da sola. È abbastanza alienante, inutile fingere, e quindi, per distrarmi, mi capita di perdermi in alcune riflessioni circa la nostra umana condizione di esseri corruttibili e corrotti, in ragionamenti su come i cambiamenti del ritmo circadiano influenzino i nostri schemi di alimentazione e così via. In una di queste trance mi ha folgorata l’amara presa di coscienza di non aver ancora preparato niente per la festa del gatto (cioè, ho realizzato un prototipo di bicchiere, il bicchiere pilota, come amo chiamarlo, ma è finita lì. Me ne mancano altri 29 ma…come dire, la prospettiva dei bicchieri personalizzati si sta a poco a poco dissolvendo nella nebbia della mia mente pigra). Sono un kaiseki pigro. D’altronde, l’avrete intuito dalla frequenza di aggiornamento dei post e, negli ultimi mesi, sono molto peggiorata. Non che non pensi al blog: mi appunto continuamente dettagli e argomenti sui quali sento il bisogno di aggiornarvi o dai quali desidero mettervi in guardia (un blog di denuncia contro lo strapotere delle multinazionali!) ma poi, quando si tratta di sedersi e scrivere…no, non mi va. Tra l’altro, quando mi siedo sul divano, tempo 5 minuti e mi addormento. Anzi, peggio! Sono arretrata talmente nella scala evolutiva dell’intelletto che, se prima almeno leggevo un libro, ora rubo l’ipad a Mr P. e mi abbrutisco con la coltivazione del grano e la tosatura su quella trappola per menti deboli che è Hay Day. Mi vergogno di me e lo ammetto: oggi userò il blog come strumento di terapeutico di autoaiuto. Io gioco alla Fattoria.
Sì, sono una merda, alla mia età è una vergogna. Che razza di esempio dò allo Shogun?
Cmq, voglio guardare avanti: appena arrivo al prossimo livello (di contadino n.d.a.), smetto.


Ora, non voglio tediarvi oltre con le mie turbe: vi aggiorno su una serie di cose frivole e poi passerò all’informazione di carattere scientifico divulgativo, per i più esigenti. Il weekend del 25 aprile siamo andati con Mr P. e lo Shogun a Nizza, a trovare dei cugini di Mr P. Gente erudita, scrittori, editori, artisti. Sembra incredibile constatare come, fuori da questo Paese, sia possibile mantenersi (e bene) con i lavori più creativi e disparati, scrittore di sience fiction, editore di libri sulla costa azzurra (e basta!), pittrice/scultrice/graffitara... Cmq, è stato un soggiorno molto gradevole, sennonché abbiamo beccato l’unica settimana in cui il tanto decantato anticiclone della costa azzurra si è prenotato una vacanza alle Ebridi: è piovuto sempre, per 4 giorni nuvole intervallate da piogge copiose. Capirete da voi che con tutta l’arte che si respirava e con tutte le amenità della Côte d'Azur …4 giorni di pioggia ti fanno girare un minimo le balle. Mi sono consolata (aridanga!) con l’acquisto di cosmetici di lusso. Sì, lo so, ho dei periodi compulsivi monomarca, però credo che il rapporto prezzo/soddisfazione/piacere che ha un rossetto (o uno smalto, o un blush…) di Chanel possano vantarlo pochi prodotti sul mercato.
Ora passiamo agli argomenti seri (chi mi conosce, tremi!). Non so se avete mai sentito nominare il Meat Free Monday.
Dunque, il MFM è un’iniziativa ideata da Paul McCartney (insieme alle figlie Mary e Stella) per minimizzare l’impatto disastroso che la produzione e il consumo di carne hanno sull’ambiente e l’ecologia. Niente di filosofico (del genere poveri animali), una semplice constatazione scientifica: l’allevamento e la lavorazione delle carni su scala industriale sono una delle principali cause di inquinamento, inoltre, il consumo eccessivo di carne fa oggettivamente male all’organismo. Per questo, è stata lanciata una campagna (con tutti i crismi - devo dire: i supporter giusti, il marketing adeguato, le ricette piacione) che propone di praticare il vegetarianismo per un giorno a settimana. Il lunedì appunto. Allora, siccome il kaiseki è un’entusiasta di natura per le proposte cool, soooo British e che implichino un – contenuto – esborso economico, ci si è lanciata con tutte le scarpe. Vi metto il link del sito (casomai voleste andare a guardarvi qualche foto di Paul con le figlie e gli amici vip che mangiano insalate di farro immersi nella campagna http://meatfreemondays.com/ ) e ammetto subito di aver, ovviamente, acquistato il mitico libro MeatFreeMonday Cookbook. E, bisogna riconoscerlo, come libro di cucina è proprio trendy! Allora, è diviso per stagioni (per poter cucinare con ingredienti freschi: questo è trendy e salutare) e per ogni lunedì dell’anno consiglia ricette che coprono tutti i pasti: dalla colazione, alla merenda, alla cena, al pranzo veloce. Inutile dire che le ricette sono gustose e semplici da realizzare e questo è trendy e giusto.
Se poi, come certa gente di cui non faccio nomi, siete anche un filo ossessionati dal Macca, sappiate che le ricette inserite da lui contengono anche le sue chiose (tipo “”un pizzico di sale…io preferisco quello marino ma va bene ogni tipo di sale!” o “un cucchiaio di latte, io preferisco quello di soia ma potete usare anche quello di riso o quello normale”…come dire, TENERONEPAUL!). Insomma, fatevi un giro.

Ora vi lascio, spero che questo post non vi abbia fatto rimpiangere le settimane di silenzio (che a volte è d’oro…). D’altra parte, se queste cose non ve le racconto io…happy Meat Free Monday!

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